Angelo

Angelo

Angelo Bergamo, 20.5.1907 – Bergamo, 7.9. 1975
"L’autopresentazione in arte non è una novità ed io ho preferito fare io stesso la mia autobiografia perché ritengo di essere con ciò più vicino alla verità che non afffidando ad altri il compito di presentarmi. Io, Angelo Gritti, sono nato a Bergamo il 20 maggio 1907. Ho frequentato la scuola d’Arte Andrea Fantoni di Bergamo sotto la direzione di mio padre, Lorenzo, allora Titolare, alla stessa Scuola nella sezione di legno dove insegnava disegno e intaglio.Ho frequentato poi la Scuola di Nudo al Castello di Milano. In seguito ho acquisito varie forme di tecnica e fatte parecchie esperienze di mestiere nello studio di valenti artisti che si preoccupavano di sviluppare. oltre al lato artistico, la tecnica di mestiere legata a tradizioni artigianali, come nelle botteghe dei grandi maestri antichi.La preparazione sopra esposta ha contribuito a consolidare l’amore alla scultura in legno, che è scultura diretta nella quale io sento vibrazioni consoni alla sensibilità del mio spirito. Mie opere sono esposte in importanti Basiliche italiane, ed in molte collezioni private, in Italia, Svizzera, Ungheria, America.
La critica, e su questo devo essere obbiettivo e ringraziare quanti di me hanno
finora scritto si è dimostrata sempre benigna e lusinghiera.
Dietro invito ho partecipato a parecchie mostre e qui sotto ne elenco alcune.
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Mostra scultura e pittura Budapest 1938. A 50 scultori italiani Premio Spiga 1945. Premio Torino 1947. Internazionale d’Arte Sacra Roma 1950. Internazionale d’Arte Sacra Novara 1959. Biennale di Bologna in diversi anni 3-4 volte. Angelica di Milano in diversi anni 3-4 volte. Personale a Bergamo 1941. Personale a Novara 1954.”Nell’autopresentazione che Angelo dettò alla sorella Maria Teresa alla fine degli anni Cinquanta sono elencati gli studi, le esposizioni e i principali interventi della critica. Tuttavia, per una migliore comprensione della sua arte, è forse più importante il costante riferimento alla dimensione artigiana di altissimo livello legata ai concetti di “tecnica” e “mestiere” e affinata, oltre che nelle scuole, presso la bottega paterna e nello studio di artisti. Proprio nell’autopresentazione Angelo decodifica un elemento che sicuramente aveva caratterizzato la produzione di suo padre ma che lo scultore legherà per sempre all’attività della bottega. La concezione di apprendistato, che lo scultore afferma essere servito a “consolidare l’amore alla scultura in legno, che è scultura diretta nella quale io sento vibrazioni consoni alla sensibilità del mio spirito”, è il fondamento della sua arte e sta alla base dell’attività della bottega nella quale l’operato e il pensiero di Angelo hanno lasciato un’impronta indelebile. Le recenti mostre dedicate allo scultore – nel 2000 a Verdello , nel 1 2005 a Bergamo - hanno contribuito allo studio della figura di Angelo Gritti come artista, ma in questa sede vorrei invece porre l’accento su alcuni aspetti inediti della sua attività scultorea, come la tecnica esecutiva, e sugli esordi della bottega nel campo del restauro. Tra il 1919 e il 1920 studiò alla Scuola Andrea Fantoni di Bergamo: per quegli anni risulta infatti una menzione onorevole per Angelo nella sezione di intaglio. Il servizio militare svolto a Milano lo portò a frequentare la classe di nudo presso la Scuola Superiore di Arte Applicata del Castello Sforzesco, dove poté affinare la tecnica della scultura in legno. All’età di sedici anni entrò nella bottega del padre e alla morte di quest’ultimo, nel 1929, mandò avanti l’attività da solo, coltivando di nascosto il desiderio di fare lo scultore. 
Ai lavori eseguiti in collaborazione con Lorenzo può essere ascritta una cassettina in legno di noce conservata presso la bottega Gritti, incisa a bande orizzontali di fiori, motivi fitomorfi, perline e fusarole molto simili per stile e decorazione ad altri oggetti analoghi realizzati da Lorenzo. Per i dieci anni successivi la bottega produsse arredi, cornici, intagli e intarsi; nel 1938 iniziarono le prime commissioni per la realizzazione di sculture. Forse fu proprio a Milano che Angelo apprese quella tecnica scultorea, forse derivante da una tradizione di falegnameria di altissimo livello tecnico, che prevedeva la costruzione del blocco ligneo attraverso la sovrapposizione di masselli
incollati inizialmente con colla a freddo a base di caseina, poi con colla vinilica. Il numero e la forma dei masselli veniva stabilito attraverso lo studio in scala di un
bozzetto in argilla. La lettura tridimensionale di quest’ultimo permetteva di definire il numero esatto e la forma dei masselli costituenti i vari piani in cui era suddivisa la
scultura. Una volta creato il blocco, Angelo lo scolpiva guardando il bozzetto. Nell’ultima sua scultura raffigurante una figura femminile, rimasta alla fase di abbozzo, è possibile osservare questa stratificazione di masselli. Alcune delle sue sculture sono dipinte, in altre il legno è lasciato a vista. In
alcune la mano di Angelo è evidente che aderisca ai dettami di una chiarezza espressiva, in altre sembra più libero di esprimersi. La discriminante spesso è da individuare nella la committenza: i parroci, ad esempio, richiedevano le statue dipinte, ispirate alla tradizione della scultura antica bergamasca e con un’iconografia ben precisa. Nelle opere realizzate per il collezionismo privato Angelo potè scegliere più liberamente sia i soggetti che gli stili, dove si avverte un sensibile influsso dell’amico Manzù. A partire dagli anni Quaranta le sculture furono dorate e dipinte da Angelo e dai colleghi Dossena, come la Madonna di Corna di Darfo e l’Assunta di Locatello. Successivamente anche Eugenio venne coinvolto dal padre per l’applicazione dei colori e delle dorature. Le Pietà di Suisio e di Zandobbio, il San Giuseppe col Bambino di Crespi d’Adda furono dipinte da Angelo, mentre Eugenio dipinse il Sant’Omobono nell’omonima città e il Sant’Andrea di Fino del Monte. Quando poté essere più autonomo nelle scelte realizzò alcune sculture dipinte con colori tenui e trasparenti per far intravedere il legno sottostante, come il San Giorgio e il drago di Endine Gaiano; altre sculture, invece, furono solamente velate con colori misti a cera, stesi direttamente sul legno, come nel Sacro Cuore di Gazzaniga. 
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Tra le opere in legno vivo, invece, in cui la materia sembra vibrare ancora sotto i colpi dello scalpello, particolarmente suggestivi sono il gruppo della Crocifissione di San Tomaso a Bergamo, il San Gregorio Magno in collezione Gritti e il Beato Papa Giovanni XIII conservato a Bergamo in collezione privata. Il cimitero di Bergamo conserva alcune sculture di Angelo non lignee commissionate da importanti famiglie cittadine: le statue delle tombe Benaglio e del senator Belotti sono state fuse in bronzo dalla fonderia artistica M.A.F. di Milano, mentre il monumento per i Bernasconi è stato eseguito in cemento. Il successo che Angelo ebbe come scultore soprattutto di soggetti sacri fu fondamentale per l’avvio della bottega nel campo del restauro: le continue commissioni di statue e di arredi per le parrocchie di Bergamo e provincia gli fecero ottenere la piena fiducia dei parroci che sottoponevano ai Gritti opere lignee in cattivo stato di conservazione. Le prime richieste di restauro furono mediate dai Dossena che varie volte, in occasione di interventi su statue, altari, arredi liturgici, avevano affidato a Angelo i lavori più propriamente di
“falegnameria”. Di questi restauri, volti principalmente a ripristinare la funzione d’uso dei manufatti, non rimane documentazione; si apprende dai racconti del figlio Eugenio che consistettero per lo più nel consolidamento delle carpenterie e in rifacimenti di parti mancanti che poi venivano dorate e dipinte dai Dossena.
Fondamentali per l’avvio della carriera della bottega Gritti nel campo del restauro furono gli interventi sul territorio bergamasco promossi e finanziati dall’Amministrazione Provinciale di Bergamo. Le scelte relative alle opere da restaurare ed alle persone da coinvolgere nei lavori spettavano alla Commissione Provinciale Restauri Opere d’Arte. Tra il 1956 e il 1960 essa fu costituita da alcuni esperti che già da tempo erano in stretti rapporti con la bottega, come il restauratore Mauro Pelliccioli, l’ingegner Angelini e il rappresentante della 12 Curia Vescovile, monsignor Teodoro Dolci13. I restauri di opere importanti come le cornici del polittico di Olera di Cima da Conegliano e del polittico di Dossena attribuito a Francesco Rizzo da Santa Croce nel 1958 furono i primi che i Gritti eseguirono sotto la supervisione di un comitato scientifico e dell’ispettore di soprintendenza Franco Mazzini. Il 1958 fu anche l’anno in cui Angelo iniziò ad essere affiancato stabilmente nei lavori da Eugenio. La maggior parte dei restauri venne eseguita da quest’ultimo sotto la supervisione di Angelo, titolare unico della bottega fino al 1961, quando Eugenio divenne ufficialmente coadiuvante. Il lavoro di Olera, poi, fu particolarmente significativo anche perché per la prima volta i Gritti non si limitarono ai lavori di falegnameria ed eseguirono i primi ritocchi pittorici.
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Nel 1959 padre e figlio furono incaricati da monsignor Dolci di restaurare le cantorie della Basilica di Gandino15. In seguito al successo riportato anche in questa
occasione, l’arciprete monsignor Giuliani chiese ad Angelo di presentare un bozzetto
per le bussole laterali della basilica16 (fig.). Il lavoro non venne mai realizzato perché
l’architetto Alessandro Degani della Soprintendenza ai Monumenti di Milano non
considerò l’idea di Gritti adatta all’architettura della basilica nonostante la comunità
parrocchiale avesse approvato in pieno il progetto di Gritti. Degani presentò egli stesso un progetto in cui la bottega fu comunque coinvolta, poiché ad Angelo venne chiesto di realizzare i medaglioni inseriti nelle porte17 i cui soggetti vennero scelti da monsignor Giuliani (la famiglia, lo studio - in cui doveva comparire il Beato Contardo Ferrini, importante giurista ed educatore di giovani - il lavoro e il gioco). Eugenio realizzò gli intarsi all’interno della porta, raffiguranti gli stemmi della Basilica, del
Vescovo Piazzi, del Comune e l’emblema di Papa Giovanni XXIII. Le bussole di Gandino non costituiscono l’unico intervento architettonico di Angelo. Poco noti, infatti, sono gli arredi liturgici da lui realizzati di cui rimangono moltissimi progetti ed alcuni bozzetti lignei. La morte di Angelo nel 197518 avvenne proprio durante uno dei lavori più importanti dalla bottega: il restauro dell’Ancona della Natività di Grosio (Sondrio), eseguito sotto la direzione di Paolo Venturoli, uno dei funzionari che maggiormente contribuirono alla crescita professionale di Eugenio.

Bottega Gritti

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