Eugenio
Eugenio Gritti , nato a Bergamo nel 1935, cominciò a lavorare nella bottega del padre Angelo nel settembre 1947. Per volere di quest’ultimo la sua formazione avvenne sia in bottega, sia presso la Scuola d’arte applicata all’industria Andrea Fantoni di Bergamo. Nel 1955, inoltre, frequentò per un anno la scuola serale di nudo presso l’Accademia Carrara. Alla Fantoni Eugenio, dopo il primo anno preparatorio comune a tutti gli indirizzi, scelse di specializzarsi nelle arti del legno seguendo il corso di decorazione sotto la guida dei pittori Erminio Maffioletti, Francesco Scaini e Mario Cornali. Oltre a materie tradizionali come italiano, architettura, storia dell’arte, venivano approfondite le tecniche del disegno: dalla copia di gessi alla progettazione di decorazioni.Per l’elaborazione di motivi decorativi agli studenti veniva proposto lo studio delle pubblicità contenute in diverse riviste del tempo, tra cui Graphis 1, in cui era possibile trovare un vasto repertorio di disegni “alla moda”.
Eugenio progettava decorazioni che potessero essere tradotte in tarsie, preferendo questa tecnica a quella dell’intaglio. Durante gli anni della scuola ma anche a studi ultimati, furono frequenti le collaborazioni con il padre nella realizzazioni di mobili decorati ad intarsio: Angelo proponeva il soggetto della decorazione che, successivamente, Eugenio doveva inventare e realizzare. Il mobile, ad esempio, creato da un falegname di Bogotà, ospita sulle ante degli intarsi eseguiti da Eugenio. Le tarsie, ottenute attraverso una scelta accurata dei legni , venivano create anche indipendentemente dalla fabbricazione dei mobili: con questa tecnica Eugenio decorò grandi pannelli - raffiguranti soprattutto paesaggi, corse di cavalli, figure stilizzate - o piccoli oggetti.La frequentazione della bottega paterna e quella dei doratori Dossena, permise a Eugenio di apprendere la tecnica del legno dipinto: imparò ad effettuare gessature e a preparare i colori artigianalmente, impastando i pigmenti in polvere con colletta di pesce, e poche gocce di sego (grasso di maiale). Questi, stesi ripetutamente su una lastra di marmo utilizzando i due lati di una spatola, assumevano una consistenza omogenea e potevano essere campiti sul legno preparato a gesso. Una volta asciutti venivano lucidati con pietra agata affinché apparissero brillanti come smalti. Se nella bottega del padre Eugenio creò molte decorazioni ad intaglio, intarsio e pittura, attualmente quest’attività occupa una parte molto marginale del suo lavoro: egli realizza poche opere e solo su commissione, nel tempo libero lasciato dall’attività di restauratore.
Tra queste vorrei ricordare alcuni pannelli intagliati ad alto rilievo raffiguranti Bergamo Alta (uno collocato nell’atrio del condominio in cui abita, in via Fratelli Calvi a Bergamo; l’altro in collezione privata a Crespi d’Adda) e il pannello che ritrae la piazza San Gavino a Porto Torres, conservato presso una casa privata della cittadina sarda. Eugenio non ha mai eseguito sculture a tutto tondo di sua invenzione. Tuttavia spesso si trovò a collaborare alla realizzazione delle opere del padre. Alla morte di quest’ultimo, l’attività scultorea della bottega non si interruppe poiché Eugenio, come aveva fatto Angelo, continuò a realizzare per Giacomo Manzù copie in legno di alcune delle sue sculture (vedi capitolo 3).
Questi lavori sono di primaria importanza non solo per lo studio dell’arte moderna, ma anche per l’analisi dell’attività di un’affermata bottega di restauro nata in seno a una bottega di artigiani del legno di altissimo livello. Nel 1956 Eugenio partì per il servizio militare. Al suo ritorno, nel 1958, Angelo ottenne le prime commissioni di restauri diretti dalla Soprintendenza alle Gallerie di Milano. Benché la bottega avesse già svolto i passato alcuni restauri su richiesta dei parroci della zona (vedi paragrafo
precedente), quelli diretti dalla Soprintendenza costituirono un nuovo modo di operare. Eugenio scoprì un lavoro diverso, molto stimolante, e attraverso il suo impegno la bottega iniziò a dedicarsi sistematicamente anche al restauro di manufatti lignei. Il titolare, Angelo, supervisionava i lavori del figlio, ma preferiva dedicarsi all’attività di scultore e di realizzatore di arredi. Con Eugenio gli ispettori della Soprintendenza Franco Mazzini, Stella Matalon e Angela Ottino della Chiesa trovarono un professionista del legno ben disposto a mettere a disposizione le
proprie conoscenze tecniche e, soprattutto, in grado di occuparsi del legno ma anche del ritocco pittorico. Per la figura di Eugenio Gritti come restauratore si rimanda ai paragrafi successivi. Vorrei solamente ricordare in questa sede un’importante collaborazione tra Eugenio e la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Milano: verso la fine del maggio 1976 uno dei suoi funzionari, Maria Teresa Binaghi Olivari, contattò una serie di restauratori lombardi affinché si recassero in Friuli a prestare il loro aiuto nelle zone terremotate. Il 6 maggio di quell’anno una violenta scossa colpì duramente la regione. Durante l’estate iniziarono i lavori di salvaguardia del patrimonio storico-artistico danneggiato. A Bergamo risposero alla chiamata solamente Eugenio Gritti e Antonio Benigni. Poiché nell’appello venne specificato che i volontari 8 avrebbero dovuto essere autonomi per quanto riguardava vitto e alloggio, i due colleghi partirono con la roulotte di Benigni. Rimasero a Venzone (Udine) una settimana, dando il cambio ad un’altra restauratrice, Marcella Sorteni di Monza. Lavorarono sotto il coordinamento di Remo Cacitti, allora abitante a Venzone, docente di Storia del Cristianesimo presso l’Università degli Studi di Milano. Il loro compito fu recuperare nelle varie chiese di Venzone, tra cui il Duomo, sculture, ancone, tele, frammenti di affreschi, ecc. e di trasportarli nella vicina località di Carnia9, prima di essere messi al sicuro nella chiesa di San Francesco a Udine. L’attuale bottega di restauro vede insieme Eugenio e il figlio Luciano; sebbene ognuno sia titolare di una ditta autonoma con commissioni e incarichi indipendenti, padre e figlio lavorano fianco a fianco discutendo sugli interventi e mettendo a disposizione, ciascuno, il proprio bagaglio di esperienze.
precedente), quelli diretti dalla Soprintendenza costituirono un nuovo modo di operare. Eugenio scoprì un lavoro diverso, molto stimolante, e attraverso il suo impegno la bottega iniziò a dedicarsi sistematicamente anche al restauro di manufatti lignei. Il titolare, Angelo, supervisionava i lavori del figlio, ma preferiva dedicarsi all’attività di scultore e di realizzatore di arredi. Con Eugenio gli ispettori della Soprintendenza Franco Mazzini, Stella Matalon e Angela Ottino della Chiesa trovarono un professionista del legno ben disposto a mettere a disposizione le
proprie conoscenze tecniche e, soprattutto, in grado di occuparsi del legno ma anche del ritocco pittorico. Per la figura di Eugenio Gritti come restauratore si rimanda ai paragrafi successivi. Vorrei solamente ricordare in questa sede un’importante collaborazione tra Eugenio e la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Milano: verso la fine del maggio 1976 uno dei suoi funzionari, Maria Teresa Binaghi Olivari, contattò una serie di restauratori lombardi affinché si recassero in Friuli a prestare il loro aiuto nelle zone terremotate. Il 6 maggio di quell’anno una violenta scossa colpì duramente la regione. Durante l’estate iniziarono i lavori di salvaguardia del patrimonio storico-artistico danneggiato. A Bergamo risposero alla chiamata solamente Eugenio Gritti e Antonio Benigni. Poiché nell’appello venne specificato che i volontari 8 avrebbero dovuto essere autonomi per quanto riguardava vitto e alloggio, i due colleghi partirono con la roulotte di Benigni. Rimasero a Venzone (Udine) una settimana, dando il cambio ad un’altra restauratrice, Marcella Sorteni di Monza. Lavorarono sotto il coordinamento di Remo Cacitti, allora abitante a Venzone, docente di Storia del Cristianesimo presso l’Università degli Studi di Milano. Il loro compito fu recuperare nelle varie chiese di Venzone, tra cui il Duomo, sculture, ancone, tele, frammenti di affreschi, ecc. e di trasportarli nella vicina località di Carnia9, prima di essere messi al sicuro nella chiesa di San Francesco a Udine. L’attuale bottega di restauro vede insieme Eugenio e il figlio Luciano; sebbene ognuno sia titolare di una ditta autonoma con commissioni e incarichi indipendenti, padre e figlio lavorano fianco a fianco discutendo sugli interventi e mettendo a disposizione, ciascuno, il proprio bagaglio di esperienze.